mercoledì 22 gennaio 2014

Lettera aperta alla Commissione Provinciale Agricoltura e Ambiente sul PPC

LETTERA APERTA

Ai Sigg.ri componenti la
Commissione Agricoltura e Ambiente della Provincia di Cremona
e p. c. Al Sig. Presidente della Provincia
Ai Sigg.ri Assessori Provinciali
Ai Capigruppo Consiliari


                        Oggetto: Piano Cave, Ga8C Pianalto della Melotta


Egregi membri della commissione Agricoltura e ambiente, Gentile Presidente, assessori e capigruppo consiliari, vogliamo sottoporre alla vostra attenzione alcune riflessioni, delle quali, auspichiamo, terrete debito conto.

Come vi è ben noto, per tutto il corso della la lunga istruttoria che ha condotto all’adozione del piano cave e ancora nella più recente fase di approvazione delle controdeduzioni alle osservazioni, l’individuazione del nuovo ambito estrattivo A8  nel Pianalto della Melotta è stata considerata <solo come una ipotesi> (v.DGP 250/13). L’approvazione, nello scorso dicembre, della variante di PTCP, con la sua stravagante stratificazione dei livelli di tutela del Geosito, rende ora quell’ambito estrattivo una concreta possibilità alla quale in molti, rappresentanti ed eletti della cittadinanza, ci auguriamo vorrete opporvi.
Le ragioni di uno stralcio dal Piano Cave del giacimento Ga8C previsto nel Geosito Pianalto della Melotta sono molte e vale qui la pena di ribadirle.
Innanzitutto va rilevato che né il vorace utilizzo di una risorsa non rinnovabile, né tanto meno, la devastazione di un sito di grande valenza geologica e come tale tutelato anche dalla normativa nazionale, potrà essere efficace elemento di contrasto alla crisi che da anni attanaglia il settore edilizio. Il gruppo Laterizi Danesi, al cui ipotetico piano industriale si vuole accondiscendere, come specificato nelle controdeduzioni, non potrà trarre vantaggi significativi dall’escavazione di ulteriori tonnellate di argilla dal Pianalto. Alcuni suoi stabilimenti, siti nel bresciano e nel pavese, a fronte della stasi della domanda, hanno negli ultimi mesi collocato i dipendenti in cassa integrazione e nell’attività di cava, per l’impresa Danesi, come per tutte le altre del settore, non potranno esservi realistiche possibilità di incremento nel numero delle maestranze. Il settore delle cave è notoriamente a basso impiego di manodopera, come è stato inequivocabilmente evidenziato tanto da un’indagine condotta dalla Regione Lombardia, quanto dallo studio commissionato dalla stessa Provincia di Cremona all’ASA dell’Università Cattolica: una ricerca che sottolinea ragionevolmente pure le scarsissime possibilità di sviluppo del comparto per gli anni a venire.
A fronte, dunque, di certezze in merito ai danni ambientali che l’escavazione inevitabilmente arrecherebbe al Pianalto, paiono del tutto infondate le previsioni di eventuali benefici economici ed occupazionali derivanti da una maggiore disponibilità di argilla, la cui possibilità di estrazione nell’ATE a8, del resto, è ben lungi dall’essere esaurita. Infatti il “vecchio” piano cave ancora riserva alla ditta Danesi la possibilità di estrarre 500.000 mc, a cui se ne vogliono aggiungere con il nuovo, come richiesto dall’impresa 1.800.000. Il tutto a fronte di un fabbisogno stimato di argilla, per l’intera provincia nel prossimo decennio, di un valore compreso tra i 462.537,3 mc  ed i 572.69, secondo quanto puntualizzato dal già citato studio commissionato dall’ istituzione provinciale (a che pro, ci si domanda assegnare e finanziare la ricerca, se non viene neppure lontanamente presa in considerazione?).
La concessione all’escavazione di tali volumetria di argilla, come è ovvio, comporta l’asportazione dello strato superficiale (profondità 2,5 metri nella proposta del piano cave, portata a 3 m. su richiesta dell’impresa) di un’area a dire poco immensa: 863 mila metri quadri si aggiungono ai quasi  300 mila già dati in concessione, incidendo, così nel Geosito una ferita ampia più di un milione di metri quadri. Quei particolari metri quadri, quello specifico appezzamento di terreno che serve al cavatore d’argilla e che appartiene organicamente al Geosito, sono stati giudicati    “irrilevanti” dal punto di vista paesaggistico, storico e culturale e non meritevoli di particolare tutela dal Ptcp di ultima approvazione. La logica che lo ha guidato ignora completamente – e colpevolmente- il concetto di “sito”, di un unicum meritevole di salvaguardia e, soprattutto, di rispetto. Non solo, ma ignora perfino quanto disposto dalla Giunta Regionale Lombarda nella sua Deliberazione n. X/ 1007 del 29/11/2013, relativa alla verifica della Variante di PTCP proposta dalla Provincia di Cremona; la Giunta regionale si esprime esplicitamente, citando il vigente Piano Paesaggistico Regionale, in modo perentorio in questi termini : “.... i geositi di prevalente interesse geografico, geomorfologico, paesistico, naturalistico, idrogeologico, sedimentologico (praticamente la... “foto” del Pianalto!) sono oggetto di attenta e specifica salvaguardia al fine di preservarne la specifica conformazione e connotazione. Sono pertanto da escludersi tutti gli interventi che possano alterarne o comprometterne l’integrità e la riconoscibilità causando sbancamenti o movimenti di terra che modifichino in modo permanente l’assetto geomorfologico....”.
Con il termine Geosito – vale la pena ricordarlo- si indicano i beni geologico-geomorfologici di un territorio intesi quali elementi di pregio scientifico e ambientale del patrimonio paesaggistico. Un "geosito" è un'area o una località  che rappresenta in modo esemplare eventi geologici, geomorfologici e regionali; la storia, lo sviluppo e i rapporti geologici, rivestendo la funzione di modelli per un'ampia fascia di territorio o a livello globale. Un geosito è di eccezionale importanza primariamente in base al contesto scientifico e culturale (in quanto in grado di fornire un contributo indispensabile alla comprensione della storia geologica di una regione, stato o continente) ma esso riveste grande interesse anche in relazione al paesaggio, alla biodiversità , all'educazione, alla ricreazione, ovvero, può avere anche una sua valenza “economica”.
Si definiscono geositi (ovvero “luoghi della geologia”) quegli oggetti geologici che presentano caratteri di rarità e unicità. Sono ben visibili e ben conservati, formano paesaggi spettacolari e restituiscono informazioni fondamentali per la conoscenza della Terra. Il Pianalto di Romanengo-Melotta,  in quanto elemento di pregio scientifico perché testimone  dei processi multi millenari che hanno formato e modellato il territorio, è stato individuato, descritto e censito sia dalla Regione Lombardia, sia dal Ministero dell’Ambiente.
La Provincia di Cremona, forse fraintendendo le proprie funzioni, attraverso la variante di PTCP ne ha disconosciuto, assieme alla qualità di bene naturale pregiato e non rinnovabile,  quella “singolarità geologica” che è esplicitamente tutelata dal codice dei beni culturali e del paesaggio. L’artificio dello spezzettamento in aree dal diverso valore paesaggistico e ambientale ha degradato il solo ed unico Pianalto della Melotta da “cosa immobile di notevole interesse pubblico” a cava d’argilla, una tra le tante presenti anche sul territorio cremonese. Possiamo solo sperare che, altrove in questo nostro paese, tecnici, consulenti e amministratori non seguano tale approccio urbanistico e culturale: spiacerebbe vedere parcheggi o chioschi per le bibite pronti a riempire ogni spazio di (ipotetico) scarso interesse entro il perimetro di “siti” archeologici come i Fori imperiali o Pompei. Certo, in quanto esercizi commerciali, nell’opinione di alcuni, sarebbero più redditizi di qualche inutile sasso, vecchio, rovinato e sporco.

Delegazione FAI CR
Legambiente AltoCremasco
Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori - Coordinamento Cremonese, Cremasco e Casalasco
WWF-Cremona

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